mercoledì 3 agosto 2011

Discariche - racconti brevi


Titolo: Discariche
Autore: Paolo Lo Conti
Editore: Aracne
Anno di pubblicazione: 2011 gennaio
Lingua: Italiano
Pagine: 60
Codice EAN:9788854838093
Generi:Romanzi e Letterature, Romanzi italiani contemporanei
Prezzo di copertina: 6,00 €
http://www.ibs.it/code/9788854838093/lo-conti-paolo/discariche.html

Recensione
Nell'opera viene messa in atto una sorta di catabasi letteraria, cioè una discesa agli Inferi, là dove la corrente dell'esistenza ha depositato personaggi pieni di umanità, colti nel gesto ultimo delle loro vite. A una prima lettura le figure che popolano i vari racconti suscitano il sorriso; in realtà la maschera che essi indossano, indugiando ai margini per un ultimo bagliore, trova la propria ragione in un umorismo pirandelliano: puri di cuore non appaiono adeguati alla vita cui la società li ha chiamati. La scrittura di Paolo Lo Conti si ammanta di impegno civile, perché si concentra totalmente sui diseredati cui dà un'ultima voce; tuttavia diventa anche religiosa quando la "discarica", allegoricamente, assume le sembianze dell'evangelica "cruna dell'ago". La galleria dei personaggi inetti che emergono dalle varie pagine diventa denuncia eroica e sociale di una vita inadeguata e incapace di accogliere la loro umanità.




Tratto da "Discariche"

Il lucida-guglie


Sui tetti del mondo c’è solo Dio, vede tutto, lui. Su quelli di Istanbul, però, va per la maggiore uno scherzo della natura, un magrebino che è uno storpio di spazzacamino. Chi lo ama lo chiama Arvin il lucida guglie, ma in effetti gli capita di rado. Tipo strano, a vederlo camminare non diresti nemmeno che sia in grado di salirci, sui tetti. Una gamba più corta dell’altra e l’andamento di un ubriaco anche quando in corpo non ha una goccia di alcool. Poi lo vedi salire e rimani a bocca aperta: lo fa senza fermarsi. Non è veloce, ma non si ferma, inesorabile, come se ci fossero delle scale su misura per lui e precluse a chiunque altro. Giunto in cima, il tetto lo sottrae agli occhi di tutti o quasi, né si riflette troppo sul fatto che lassù ci possa essere Arvin.
Solo tegole e gatti vedono come si muove, se assume l’andamento del bruco o quello più rapido del ragno. Ma Arvin parla con Dio, perciò, quelli laggiù, che ridano pure del suo aspetto, della gamba trascinata e del suo viso da topo! Importa poco, lui parla con Dio. Ci gioca a carte, versandogli del tè bollente, dalla teiera di una guglia. Vede tutto, lo spazzacamino Arvin. E sente tutto.
Perché la notte fatidica, quella notte fatidica, Arvin sentì. Era seduto sulla guglia più alta della città, stava parlottando con il falco quando avvertì una formicolio sotto il sedere. Scrutò lontano e non vide nulla, con occhi miopi da topo chiese all’amico di guardare per lui. Oltre la linea dell’orizzonte e più lontano, vide le città sgretolarsi una dopo l’altra, avvolte dalla polvere. Il sisma stava radendo tutto al suolo e puntava dritto su Istanbul. Il sedere di un topo non mente, e neppure l’occhio di un falco, specie se un falco da guglia. E allora Arvin compose il numero a sei cifre che conosceva ormai a memoria, la telefonata urbana arrivò nella casa del sindaco che diede allarme e ordine di evacuazione. Il terremoto raggiunse la città solamente 48 ore più tardi e non un uomo, una donna o un bambino perirono. Il Sindaco ebbe un’impennata nell’indice di popolarità, ma non si sognò mai di dare merito a uno spazzacamino, in certe cose bisognava saperci fare.
Nessuno li ha mai visti. E se te li immagini candidi e con l’alito al mentolo, significa che un tipo come Arvin non l’hai conosciuto: il puzzo è di fogna, è uno spazzacamino a cui danno del ratto e dello storpio, ha una gamba più corta dell’altra. Ma parla con Dio è sta sopra la tua testa. Che Arvin il topo salvò la città di Istanbul, nessuno lo seppe mai, né lui avrebbe voluto che si sapesse. Continuò a fare quello che amava: lucidare guglie. Finché gli fu concesso dal suo compagno di tè.

lunedì 1 agosto 2011

Dizionario dei narratori italiani

La nostra iconografia biblica raffigura un Angelo, ai confini dell’Eden, mentre scaccia Adamo ed Eva, spauriti e oppressi dal peso del rimorso di avere voluto sfidare il divino Divieto. Secondo molti filosofi la storia dell’Umanità può configurarsi come l’insieme dei tentativi che, da quel preciso istante, gli uomini hanno messo in atto per recuperare quella dimensione di beatitudine così stoltamente perduta. Tentativi vani, inutili. E tuttavia Dio, nella sua infinita misericordia, ha buttato verso le sue creature un Ponte, affinché questo ricongiungimento risultasse parzialmente fattibile: il dono dell’ARTE. L’Arte costituisce il canale privilegiato per riscoprire quel soprannaturale da cui un tempo ci siamo staccati; essa rappresenta la chiave che scopre il varco segreto, il passaggio, la maglia rotta nella rete dell’Originario Divieto, attraverso cui solo pochi Eletti vengono nuovamente in contatto con il Mistero e l’Ineffabile. Gli Artisti – fra questi i Narratori - sono gli unici che riescono a percorrere (pagando con la solitudine di Cassandra, di cui dividono la sorte) questo ponte che Dio dal Paradiso Perduto ha lanciato verso il Creato. Essi non possono tuttavia riferire direttamente l’Epifania esperita; e così noi comuni mortali, imprigionati sul fondo della caverna, dobbiamo rassegnarci a vedere trascorrere sulle pareti l’ombra deformata e imperfetta del Mistero che essi più fortunati hanno vissuto direttamente e adesso ci raccontano nelle loro Opere.
                                                                                                                                
Lo Conti
(estratto dalla Prefazione di “I Narratori Italiani –Nord”    (Lo Conti & Lo Conti)